Lo spettro della dama del Colosseo
La leggenda perduta nel tempo
Antica Roma. I giochi e i duelli si susseguivano quasi quotidianamente nel Colosseo, inaugurato nell’80 d.C. Tutto procedeva secondo la solita routine, in quei pomeriggi, e non importava se erano assolati, piovosi, caldi o freddi. I gladiatori forgiati dallo spirito di guerra o della sopravvivenza, oppure in cerca di onori, si davano battaglia nei combattimenti. Atterrato l’avversario, il popolo ardiva di sollevare o abbassare il pollice – “jugula”-, come se la morte potesse essere la cosa più naturale e ovvia del mondo. All’Imperatore spettava poi la decisione finale, e tutto procedeva così, di decennio in decennio.
Avvenne durante l’Impero di Lucio Elio Aurelio Commodo, membro della dinastia degli Antonini. Personaggio stravagante, depravato e avverso al Senato, e gladiatore lui stesso, amava gustarsi tutti i combattimenti nell’Anfiteatro Flavio. "L’Ercole romano", si faceva chiamare. Quasi sempre, con aria fiera in volto, abbassava il pollice alla fine dei combattimenti. Un altro gladiatore a terra, senza più vita, un altro eroe di tempi andati.
Fino a quel pomeriggio d’estate, come si tramanda, dell’anno 191. L’aria calda, quasi opprimente, in città, avvolgeva l’ennesimo combattimento in corso. Suoni di spada tintinnante e il solito epilogo con uno dei due combattenti a terra. Due schiavi in cerca di onori. Dopo il clamore del pubblico, ecco implacabile la mano di Commodo che si stava per alzare, per il verdetto. Ed era chiaro che sarebbe stato un nuovo “jugula”.
Ma accadde qualcosa di strano, che solo in pochi percepirono: all’improvviso, si alzò una ventata fresca di ponentino, in anticipo rispetto al classico orario serale. E l’Imperatore sentì qualcosa carezzargli mani, braccia e volto. Ed ecco che solo lui la vide: uno spettro di dama, alta, angelica, con i capelli ricci e biondi che ricadevano lungo le spalle, e gli occhi color celeste. La donna gli sussurrò qualcosa, che nessuno seppe mai, e un attimo dopo Commodo la vide uscire, insieme al venticello, da una finestrella al piano terreno. Prima di scomparire del tutto, si girò verso di lui, pronunciando una sola parola: “Hic”, “qui”.
Da quel giorno, sovente capitava di vedere l’Imperatore intento a parlare a qualcosa o a qualcuno nell’aria - come per chiedere consiglio - appena prima della scelta di vita o di morte per il gladiatore caduto. E il pollice, in quei casi, si alzava sempre.
Si tramanda che anche la vita privata dell’Ercole romano subì un cambiamento: con l’amante Marcia divenne sempre più scostante e schivo, al punto che la stessa partecipò alla sua uccisione l’anno in cui fu prima deposto e poi sottoposto a damnatio memoriae dal Senato.
Si narra che, tempo dopo, una lettera segreta pervenne all’Imperatore Settimio Severo. Il contenuto non venne mai reso pubblico, ma una volta letta, l'uomo riabilitò e addirittura divinizzò la figura di Lucio Elio Aurelio Commodo, l’"Ercole romano".
Qualcuno pensa che lo spettro del Colosseo che appariva a Commodo, quella figura angelica, fosse la Madonna. A quanto si dice, il favore che chiese all'uomo, sussurrandogli all'orecchio, era quello di far costruire una cappella in suo onore proprio all'interno del Colosseo. E quell'“hic”, indicava il punto esatto.
Questa è forse l'origine della piccola Cappella “Santa Maria della Pietà”, di cui non è possibile stabilire con esattezza il periodo di realizzazione. Secondo alcuni potrebbe essere del 1200, secondo altri del 1600. Quel che è certo, stando alla leggenda, è che Commodo mantenne la parola data: convincere i posteri a rendere grazie alla Dama Celeste, adibendo un determinato fornice del piano terreno dell'imponente Anfiteatro Flavio a luogo di raccolta e di preghiera.
Come se non bastasse, poi, ancora oggi, ci si sente prediletti quando, in quelle sere estive, sul far della sera, si percepisce quel vento tiepido di ponentino carezzare la pelle. E magari l’anima di Commodo è proprio lì, ad incontrarsi con quella visione angelica, mentre entra ed esce come brezza dalle finestrelle di quello che è uno dei monumenti più invidiati al mondo: il Colosseo, nella città eterna.