Il caffè di Carlo Cracco

La prima volta che ho incontrato Carlo Cracco è stato nel 2017 in Inghilterra, in occasione del Torneo di Wimbledon, ospiti della Lavazza, caffè ufficiale del torneo e sponsor dell’evento.


Affabile e disponibile, lontano anni luce dal personaggio televisivo, mi ha colpito per la sua semplicità, che nasconde (più o meno) bene sotto una scorza ruvida e a tratti urticante. D’altronde è un veneto, e io un veneto l’ho sposato. Sono così, vanno saputi prendere, ma una volta conquistati ti danno anima e cuore. Quando gli racconto che mio marito fa la sua imitazione a cena e io lo mando a stendere perché non ho tempo da perdere, lui ride di gusto e mi dà una pacca sulla spalla scuotendo la testa e mi dice “capita”.

Emozionato di essere per la prima volta a Wimbledon, Cracco ama il tennis, lo pratica e preferisce giocare sulla terra battuta, perché “sull’erba è dura”. Mi racconta dell’orgoglio di essere Brand Ambassador Chef di Lavazza nella Top Gastronomy e del suo lavoro di sperimentazione gastronomica, sempre alla ricerca di abbinamenti con il caffè. E poi un tuffo nel passato, ai primi ricordi, quando ai bambini si faceva la cremina con il fondo del caffè macchiato, zucchero e vov, e l’unico modo che si aveva per gustare il caffè come dessert era la Coppa del Nonno.

Prima di salutarci, una delle mie domande di rito “Secondo te il caffè è maschio o femmina?” Ci pensa un attimo, e poi sorride. “Assolutamente femmina, perché volubile e lunatico, bisogna saperlo trattare e va capito. Pensiamo di saperlo gestire ma in realtà comanda lui. È un piacere e un rito; a casa uso ancora la moka e il primo del mattino deve essere bevuto con calma e in tranquillità. E da lì la giornata inizia bene”.

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Veronica Geraci

Giornalista, insegnante di cucina, donna del vino, blogger. Sempre con la valigia pronta, lettrice accanita, amante della tecnologie e con una passione smodata per gli animali.
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