Instagram Map: taggata sì, pedinata no
L’ultima novità di Instagram, la funzione Instagram Map, lanciata da pochi giorni, accende un dibattito su sicurezza e libertà digitale, e fa arrabbiare (soprattutto) le donne.
Pensata per permettere agli utenti di condividere la propria posizione in tempo reale con amici selezionati (scegliendo tra "amici più stretti", follower reciproci o liste personalizzate), ha la funzione (ufficiale) di favorire la connessione con le persone vicine, scoprire contenuti locali e vivere il mondo intorno a sé in modo più immediato.
Instagram Map: grazie, ma anche no
La reazione è stata immediata e intensa, soprattutto da parte delle donne, che hanno espresso timori diffusi riguardo alla privacy, alla sicurezza personale, allo stalking e al controllo digitale. La geolocalizzazione sembra diventare così l’ennesima ansia tech, anche se Meta ha ribadito che si tratta di una funzione "opt-in", cioé che è disattivata di default e richiede un’esplicita attivazione da parte dell’utente.
Eppure... come si legge sui social più diffusi, in particolare su Threads, molte ragazze raccontano di essere apparse sulla mappa senza averlo voluto, e che il proprio indirizzo di casa o lavoro era visibile ai follower.
Un’esperienza che ha suscitato allarme e indignazione, e numerose influencer, celebrità e creatrici di contenuti hanno lanciato un monito chiaro: “Controllate le impostazioni e disattivate la mappa!”. Tra le voci più forti, quella di Kelley Flanagan (una delle star del reality The Bachelor), che ha definito la funzione “pericolosa”.
Dov'è quindi l'attenzione alla privacy? Dobbiamo rischiare di trovare fuori dal locale dove stiamo facendo un aperitivo con un'amica uno che neanche conosciamo, che ci segue "silenziosamente" sui social, tanto da non farsi notare, ma che si presenta fisicamente nel luogo in cui siamo?

Instagram Map: se i follower sono virtuali, i pericoli sono fin troppo reali
Chi di noi non ha un'amica che ha ricevuto messaggi inquietanti da uno sconosciuto, o che si è trovata invischiata con il classico “maschio alfa” da quattro soldi, capace solo di imporsi con violenza – fisica, mentale o entrambe? E a volte, diciamolo, non serve nemmeno guardarsi attorno: basta guardarsi dentro. Perché certe esperienze, purtroppo, sono comuni a molte di noi.
Ed è proprio qui che entra in gioco una funzione tanto comoda quanto pericolosa: la localizzazione su Instagram. Sì, quella che mostra dove siamo quando postiamo una foto o un reel. Quella che, in mani sbagliate, può diventare uno strumento di controllo e sorveglianza – soprattutto in relazioni tossiche o situazioni a rischio.
La libertà digitale delle donne è ancora una battaglia aperta. Essere “libere di essere noi stesse” online, oggi, richiede consapevolezza. Perché non basta più scegliere cosa condividere: dobbiamo imparare a difendere anche dove lo condividiamo. Lo schermo non è un’armatura e nemmeno il Mengoni di turno può salvarci se non ci proteggiamo noi per prime.
Un tempo bastava “un poco di zucchero” per mandare giù l’amaro. Ora basta un clic su “accetto” per spalancare, senza saperlo, le porte a chi non dovrebbe nemmeno trovarle.